Emergenza nucleare: ti (I)ODIO

Non so voi, ma quando penso agli anni 20 immagino vestiti fronzolanti, collane di perle, capelli a caschetto, feste pazzesche con musica jazz che risuona in un giardino verde, alberato e pieno di gente felice. Gli “anni ruggenti”, gli “anni dell’oro” e del grande Gatsby.

Poi penso ai nostri anni 20, e tende a scendere il sorriso.

Questi anni ci stanno davvero mettendo alla prova. La pandemia e la guerra ancora di più ci espongono a una quantità di occasioni per sperimentare la paura in tutte le sue forme e in tutta la sua complessità: paura della morte, paura di (ri)perdere la propria liberà, le nostre abitudini, lo status economico. Siamo di fronte a un sacco di elementi ansiogeni perché viviamo delle paure che si potrebbero manifestare nel futuro, senza sperimentarle direttamente ma che contemporaneamente si stanno manifestando in altri paesi. D’altra parte, non c’è un pericolo nell’immediato, non lo vediamo in effetti, perché è tutto in potenziale divenire. Questa è un’altra, orribile, esperienza tipica della paura, ovvero l’impotenza: non sappiamo quando, non sappiamo cosa, non sappiamo come e soprattutto non sappiamo SE. Il pericolo non è concretamente presente, non possiamo fare un granché ma solo aspettare, inermi, portandoci a uno stato di dissociazione. È tipico in effetti: quando si è “bombardati” (perdonatemi il brutto gioco di parole) da tanti pericoli invisibili che non ci permettono né di scappare né di reagire, il cervello mette in gioco una risposta, possiamo dire, estrema: “ci spegne”. Non è uno stato depressione, ma un metodo di difesa per ridurre lo stato d’ansia e le percezioni dolorose.

Complice quindi la situazione di crescente tensione che stiamo vivendo, è doveroso spiegare, o almeno con questo articolo si tenta di farlo in parte, come nell’eventualità ci si debba comportare ma allo stesso tempo capire come le varie fasi e procedure in caso di emergenza nucleare siano ben definite e organizzate.

CONSIDERAZIONI NECESSARIE

Prima di entrare nel dettaglio, ritengo importante fare alcune piccole ma necessarie considerazioni.

Da anni non eravamo in guerra e soprattutto così vicini all’uso di armi nucleari. L’eccezionale minaccia è bastata a creare grosse preoccupazioni, che continuano ad aumentare. Se da una parte si è giustificati, dall’altra è importante però avere estrema cautela cercando di razionalizzare il più possibile e cercare di dominare la paura mettendo sempre sulla bilancia la probabilità che quell’evento accada. Come vedremo, lo scenario più preoccupante per noi, che obbliga alla a tutta una serie di misure di protezione che possono in effetti un po’ spaventare, è quello di un evento ad altissimo grado distruttivo (bombe “strategiche”) e vicino a noi (entro 200 km dai confini). Questo permette già di ridurre abbastanza la probabilità che accada.

PIANO NAZIONALE

Partiamo da presupposto che esiste, tra l’altro aggiornato recentemente, il Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari.

Si tratta di un lungo documento tecnico che il Governo ha inviato alle Regioni in cui si riportano le linee guida e le misure da seguire per fronteggiare incidenti in impianti nucleari vicini all’Italia (sia europei che extraeuropei) tali da richiedere azioni di intervento a livello nazionale. Si chiamano in causa tutti, ma proprio tutti, i dipartimenti ed enti coinvolti per poter creare un modello organizzativo in cui ciascuno ha un ruolo e una responsabilità nella gestione e coordinamento dell’emergenza ai fini della massima riduzione degli effetti indotti sulla popolazione e sull’ambiente.

Rispetto al Piano del 2006, si è voluto fare una distinzione tra incidenti in impianti prossimi al confine nazionale e in impianti a distanza maggiore. Gli scenari sono quindi così suddivisi:

  1. Incidente a un impianto posto entro 200 km dai confini nazionali
  2. Incidente a un impianto posto oltre 200 km dai confini nazionali
  3. Incidente a un impianto extraeuropeo (posto in qualsiasi altra parte del mondo

Il piano poi affronta e spiega estesamente quelle che vengono definite misure protettive per la tutela della salute pubblica e delle produzioni, ovvero le azioni da attuare per quanto riguarda i cittadini e le filiere di produzione e commercializzazione dei prodotti agroalimentari.

Queste possiamo suddividerle in:

  1. dirette:
    • riparo al chiuso
    • iodoprofilassi
  2. indirette:
    • restrizioni alla produzione, commercializzazione e consumo di alimenti di origine vegetale e animale, misure a protezione del patrimonio agricolo e zootecnico;
    • monitoraggio della radioattività nell’ambientale e delle derrate alimentari
  3. altre misure:
    1. assistenza a cittadini italiani che si trovino in un Paese estero interessato da una emergenza radiologica e nucleare;
    2. misure relative all’importazione di derrate alimentari e altri prodotti contaminati;
    3. monitoraggio della contaminazione personale dei cittadini italiani di rientro dal Paese incidentato.
  1. gestione dell’informazione alla popolazione

Ricevuta la segnalazione di un evento radiologico o nucleare attraverso un dedicato sistema di allertamento, i diversi dipartimenti e istituiti preposti alla gestione dell’emergenza effettuano valutazioni tecniche finalizzate a verificare la consistenza dell’evento notificato e stabiliscono il possibile interessamento del territorio italiano.

Se l’ottimismo non è il vostro forte, niente paura perché in generale, indipendentemente dall’impatto e dalla distanza dell’incidente dal territorio nazionale il Piano verrà sempre attivato attraverso l’attuazione delle misure C e D. Importante sottolineare, invece, che le misure B si attuano solo quando l’incidente coinvolge il territorio nazionale, mentre quelle di tipo A solo se è classificato come grave ed entro 200 km dai confini.

FASI DELL'EMERGENZA

Quest’ultimo scenario, per intenderci quello più spaventoso e terrificante (definito di allarme o “general emergency”), innescherà sulla base dell’evoluzione dell’incidente tre diverse fasi:

  1. Prima fase: inizia dall’evento scatenante fino a quando il rilascio delle sostanze radioattive è terminato. È caratterizzata dal passaggio della nube radioattiva sul territorio, con esposizione da irradiazione esterna e inalazione di aria contaminata. Sono necessarie azioni tempestive di contrasto e l’attuazione delle misure protettive dirette e indirette.
  2. Seconda fase: inizia al termine del passaggio della nube radioattiva ed è caratterizzata dalla deposizione al suolo delle sostanze radioattive e dal loro trasferimento alle matrici ambientali e alimentari. Le principali vie di esposizione sono l’irradiazione diretta dal materiale depositato al suolo, l’inalazione da ri-sospensione e l’ingestione di alimenti contaminati. Si dovranno attuare le misure protettive indirette attraverso la determinazione puntuale del quadro radiometrico e il controllo delle matrici alimentari.
  3. Fase di transizione: inizia quando la sorgente è stata messa sotto controllo e si avviano le azioni di rimedio e di bonifica dei territori contaminati. Si continuano i programmi di sorveglianza radiologica dell’ambiente e della catena alimentare, anche a verifica delle azioni di bonifica eseguite.
MISURE DI PROTEZIONE DIRETTE

Dal momento che è quello che ci interessa più da vicino, ci concentreremo ora sulle misure di protezione dirette, attuabili nella prima fase operativa di allarme.

  1. Indicazione di riparo al chiuso

È indicato alla popolazione di restare nelle case, con porte e finestre chiuse e impianti di ventilazione o condizionamento spenti. Questo solo per brevi periodi di tempo, di norma per poche ore dall’evento calamitoso, con un limite massimo posto a due giorni. In via cautelativa viene anche stabilito il blocco del consumo di alimenti e mangimi prodotti localmente (verdure fresche, frutta, carne, latte).

L’obiettivo è evitare l’inalazione di aria contaminata e l’irraggiamento dovuto alla radioattività aerosospesa e depositata al suolo e sulle superfici derivanti dal passaggio della nube radioattiva (mediamente, al chiuso le dosi radioattive sono abbattute di un terzo). L’efficacia della misura dipende anche dalla durata del rilascio (più è breve la durata, più efficace è la misura). Durante questa misura quindi, il Piano prevede che le autorità competenti comunichino tempestivamente alla popolazione il tempo di inizio e la durata facendo fronte agli eventuali bisogni primari della popolazione (cibo, acqua, assistenza sanitaria, energia, ecc.).

  1. Iodoprofilassi

Tra le sostanze radioattive che possono essere emesse in caso di grave incidente nucleare, c’è lo Iodio 131, che può essere inalato o assunto con acqua e alimenti. A dosi elevate aumenta la probabilità di contrarre tumori della tiroide. Questo rischio è fortemente dipendente dall’età al momento dell’esposizione e più precisamente la classe di età 0-18 anni risulta quella a maggior pericolo di effetti dannosi. Tale rischio si riduce sensibilmente negli adulti e tende ad annullarsi oltre i 40 anni di età. Esiste poi una maggiore radiosensibilità della tiroide in alcune condizioni fisiologiche, come gravidanza e allattamento.

COME FUNZIONA LA IODOPROFILASSI?

Dopo l’inalazione o l’ingestione, lo iodio radioattivo viene rapidamente assorbito ed incorporato nell’organismo. Esattamente come accade per lo iodio, anche quello radioattivo ha come organo elettivo di accumulo e di deposito la tiroide, all’interno della quale viene attivamente assorbito e concentrato. La sua presenza nella ghiandola espone la tiroide ad un’elevata dose di radiazioni ionizzanti che andranno a determinare effetti dannosi come morte delle cellule, pesanti disfunzioni cellulari (ipotiroidismo radioindotto) fino all’induzione di mutazioni con conseguenti carcinomi.

Questi eventi possono essere ridotti o addirittura bloccati se vengono somministrate dosi farmacologiche di iodio stabile. Questo agisce rapidamente attraverso vari meccanismi:

  • Diluizione isotopica (meccanismo prevalente)
  • Parziale saturazione del meccanismo di trasporto attivo dello iodio nella tiroide
  • Transitoria inibizione della sintesi ormonale (effetto Wolff-Chaikoff)à fenomeno transitorio di autoregolazione in cui grandi quantità di iodio assorbito inibiscono la sintesi dell’ormone tiroideo nelle cellule follicolari, indipendentemente dai livelli di ormone tireostimolante sierico (TSH).
QUANDO E' NECESSARIO INIZIARE?

La parola chiave è TEMPESTIVITÀ. Il periodo ottimale di somministrazione di iodio stabile è meno di 24 ore prima l’inizio previsto dell’esposizione (efficienza massima) e fino a due ore dopo. Risulta ancora ragionevole somministrare lo iodio stabile fino a otto ore dopo l’inizio stimato dell’esposizione.

Somministrare lo iodio stabile invece dopo le 24 ore successive all’esposizione può causare più danni che benefici, prolungando l’emivita biologica dello iodio radioattivo che si è già accumulato nella tiroide.

COSA SI INTENDE PER IODIO STABILE?

Si assume preferenzialmente in forma di ioduro di potassio (KI). Si presenta comunemente in compresse; anziché la forma liquida, infatti, le compresse permettono un più facile immagazzinamento e distribuzione, oltre a dare la possibilità di dimezzarne il dosaggio in caso di necessità e di provocare minori disturbi gastrointestinali.

QUALI SONO I DOSAGGI?

Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandano per i diversi gruppi di età le seguenti posologie di somministrazione:

  • 0 – 1 mese à 16 milligrammi
  • 1 mese – 3 anni à 32 milligrammi
  • 3 anni – 12 anni à 65 milligrammi
  • Oltre i 12 anni à 130 milligrammi
PER QUANTO TEMPO E' NECESSARIO ASSUMERLO?

Considerato che il “blocco funzionale” tiroideo dopo una singola somministrazione è di circa 24-48 ore, si ritiene sia sufficiente un’unica somministrazione di iodio stabile alla posologia consigliata. Nell’eventualità di un rilascio radioattivo prolungato nel tempo, potrà essere presa in considerazione l’ipotesi di somministrazioni ripetute, in particolare per specifiche categorie come donne in gravidanza e allattamento (al massimo per due giorni), mentre non è consigliata la ripetizione della somministrazione per i neonati.

Il rischio di effetti avversi alla somministrazione di una dose singola di iodio stabile è molto piccolo in tutte le classi di età.

Nel caso si avesse l’ansiosa e malsana idea di assumere potassio ioduro per giorni in attesa di eventi nucleari catastrofici è importante conoscere quelli che possono essere i possibili effetti avversi, ovvero ipertiroidismo iodo-indotto, ipotiroidismo iodo-indotto o effetti avversi extratiroidei come disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea, dolore gastrico), reazioni allergiche (angioedema cutaneo, artralgie, orticaria, eosinofilia, linfoadenopatia) e rash cutanei.

Questo elenco, da solo, dovrebbe bastare a far capire che l’uso improprio porta a più danni che benefici.

SIAMO SOLI?

Posso assicurarvi che il Piano nazionale non lascia davvero niente al caso. Al suo interno sono infatti riportate tutte le specifiche indicazioni degli interventi prioritari da disporre a livello nazionale ai fini della massima riduzione degli effetti indotti sulla popolazione e sull’ambiente.

In caso di esposizione a iodio radioattivo, la iodoprofilassi è un’importante ed efficace misura di protezione della tiroide nei gruppi sensibili della popolazione. Come si evince dalla parte precedente, è però una procedura che si attiva solo in caso di grave incidente entro 200 km dai confini nazionali. Ma non dobbiamo pensare che sia una corsa all’oro e non dobbiamo credere, seppur quella delle mascherine sia stata davvero una brutta esperienza, che ognuno debba arrangiarsi da solo. Questo perché il Piano prevede una dettagliata procedura, attuata dal Ministero della Salute, che mira ad assicurare la iodoprofilassi nel più breve tempo possibile attraverso la distribuzione delle scorte di iodio stabile alle categorie di popolazione a maggiore rischio, ovvero per le classi di età 0-17 anni, 18-40 anni e per le donne in gravidanza e allattamento, ovvero a tutte quelle persone che ne hanno davvero bisogno.

Detto questo, augurandosi che questo Piano non venga mai utilizzato,

APPROFONDIMENTI

https://www.protezionecivile.gov.it/static/da3c780d38a2f1abe6d0cf618c93a467/piano-nazionale-gestione-emergenze-radiologiche-nucleari-20220309-21_1.pdf

Le informazioni contenute in questo articolo sono elaborati sulla rilettura critica di articoli scientifici, testi universitari e basandosi sulla nostra pratica comune, hanno soli scopi informativi e non hanno pertanto valore di prescrizione medica, non devono in alcun modo sostituire il rapporto dottore-paziente; si raccomanda al contrario di chiedere il parere del proprio medico prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.

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